22 gennaio, 2006

 

Vaticano. Riammessi i mercanti nel Tempio: un tanto a Verbo

Ma, scusateci, la parola di Dio non era impagabile? Non più: ora si paga. O meglio, per essere più precisi, d’ora in poi si pagherà il copyright, se non del Verbo divino, almeno della sua traduzione terrena, vale a dire le parole dei comunicati e dei documenti ufficiali della Chiesa, comprese le encicliche, presumiamo. L’associazione No God nel commentare ironicamente un articolo di Marco Tosatti sulla Stampa se ne scandalizza, dimostrando così paradossalmente che a voler fare seriamente gli atei si deve essere addirittura più esigenti in fatto di senso del Sacro e del Divino della stessa Chiesa. Non per fare i moralisti, anzi per fare i mercanti, ma non era meglio lasciar fuori il copyright, visto che in fondo si tratta di propaganda, sia pure religiosa? Dal punto di vista del marketing è controproducente. E’ come se i partiti politici obbligassero a pagare il diritto d’autore tutti coloro (giornalisti o semplici cittadini) che riprendono i loro programmi. Anzi, come capirebbe un bambino delle elementari, dovrebbero pagarli, perché sarebbe tutta pubblicità. Insomma, non c’è logica di mercato. E, a parte il precedente della cacciata dei mercanti dal Tempio, ora fatti rientrare dalla porta principale direttamente nell’Ufficio stampa, ma siamo sicuri poi che questo diritto d’Autore, secondo le regole della stessa religione cattolica, appartenga proprio a papi, cardinali e vescovi?

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