11 febbraio, 2006

 

Perché Salon Voltaire "fa politica" ma non parteggia alle elezioni

Esiste un impegno non scritto della Newsletter quindicinale del Salon Voltaire, che esce da due anni, con i suoi 3000 destinatari (un target liberale e laico di docenti universitari, direttori di club, direttori di testate, giornalisti, oltre a richiedenti vari), quello di presentare sull’attualità il commento liberale più obiettivo e neutrale possibile, in modo da rispettare le diverse anime e sfumature del liberalismo italiano. [Se vuoi vedere un esempio di Salon Voltaire Newsletter, clicca qui].
Anche il presente sito-blog, nato alla fine di novembre 2005, intende uniformarsi a quel principio: i fatti dell’attualità, il costume, la politica, l’economia, la scienza, visti da "un ideale punto di vista liberale", per esempio quello del salotto Voltaire (o di M.me Pompadour).
Nessuna scelta di schieramento, per correttezza verso i nostri destinatari, che gradiscono (e infatti inviano tanti complimenti) la Newsletter proprio perché non fa propaganda spicciola o elettorale, non parteggia per nessuno ma critica tutti, e soprattutto perché è una rivista culturale che intende diffondere il liberalismo e la razionalità, e lotta duramente – ma col sorriso o l’ironia sulle labbra – contro ogni fanatismo, fondamentalismo, superstizione e intolleranza.
Ma anche se volessimo, non sapremmo per chi parteggiare, tanto carenti di liberalismo sono oggi i partiti in Italia, e quindi le loro coalizioni. Da una parte ci si fa belli con l’aggettivo "liberale", che oggi è di moda (ma che può nascondere un generico moderato, magari senza idee, e perfino un conservatore), e si ostentano anche parecchi veri liberali, ma del tutto emarginati, quasi degli ostaggi in una politica poco o nulla liberale. E si convive con ben tre partiti illiberali. Peccato, perché nel ‘94 si era annunciato addirittura di voler creare un "Partito liberale di massa", poi più miseramente rivelatosi una pessima copia, quasi grottesca, della Democrazia cristiana.
Dall’altra parte, neanche ci si fa belli abusivamente di finto liberalismo: si ignora sia il nome che la politica liberale, si convive con ben due partiti comunisti, con almeno altri due partiti illiberali, e con una base diffusa di movimenti reazionari, no-global e giustizialisti. Eppure, anche lì ci sono un paio di liberali veri, emarginati, quasi degli ostaggi.
E tutti ora cercano liberali credibili da mettere in lista. A me, per esempio, sono arrivate ben 4 proposte, da esponenti seri, autenticamente liberali, di entrambi i poli. Ma senza prospettive. Ho dovuto dire di no a tutti. Anche perché in quest'Italia di raccomandati e incapaci, i giornali, le tv e gli editori direbbero che sei "liberale" o "radicale" per non dirti bravo: la scusa per fare a meno di te.
Perciò, una sola proposta politica abbiamo più volte avanzato noi del Salon Voltaire (Newsletter): una grande rifondazione liberale, che unisca tutti i liberali italiani, che sono tanti, forse oltre il 30 per cento degli italiani, altro che lo 0,3 del PLI. Un’ipotesi a cui si comincerà a lavorare dopo le elezioni.
Elezioni che, comunque vadano, non vedranno vincitori liberali, né politiche liberali. Il che non vuol dire che mettiamo le due prospettive sullo stesso piano. Fatto sta che l’Italia resta il paese delle corporazioni (dai tassisti ai giornalisti, dalle farmacie ai notai), della poca o nulla concorrenza, delle pastoie messe a chi vuole creare ricchezza aprendo un'attività, del disprezzo verso il cittadino e il consumatore, della prepotenza di banche, assicurazioni e monopoli, degli sprechi dell’amministrazione pubblica, della scuola inconcludente e succube della propaganda degli insegnanti, della magistratura politicizzata e inefficiente, dei diritti civili non riconosciuti, della libertà scientifica negata, delle troppe leggi e insensate.
Così, noi liberali voteremo ancora una volta malvolentieri e turandoci il naso, tra tanti che si dicono "liberali" solo perché non hanno idee ("moderati dell'intelligenza") o si vergognano di dirsi conservatori. E chissà perché, poi, solo in Italia è una brutta parola. E anche questa volta, diceva Eduardo De Filippo, "ha da passa’ ‘a nuttata", cioè la campagna elettorale.

Comments:
strano popolo quello dei blog, che non capirò mai: commentano ogni cosetta, anzi prendono le linee di commento per chat polemizzando tra di loro, ma poi un vero editoriale che spiega la linea che sta seguendo SV non viene neanche commentato. e poi altro grave difetto: non leggono mai i post (che qui però sono articoli) precedenti, leggono solo l'ultimo...
mah...
davvero credo di essere l'unico blogger anti-blog
 
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