09 marzo, 2006

 

Il Corriere si schiera? Il vero scandalo è che è troppo tardi

Come i maggiori giornali anglosassoni fanno per tradizione (endorsement) il Corriere della sera in un articolo di Mieli avverte con onestà calvinista che rispetto alla campagna elettorale in corso punterà su un cavallo. E così il direttore "rivela" ciò che tutti i lettori già sapevano: parteggia per la Sinistra. No, chi l’avrebbe detto? E non è neanche una notizia che lo stesso fondo si insinui perfino negli schieramenti privilegiando a Sinistra radicali, Margherita, Fassino (senza i Ds?) e Bertinotti, cioè quasi tutti, e a Destra An e Ccd. Incuriosisce, in uno come Mieli, il doppio errore di definire la Margherita, spesso clericale e conservatrice, "moderno partito liberaldemocratico" e il credito a Bertinotti senza considerare la sua base. I rigori, poi, sono fischiati in modo asimmetrico: contro un grosso partito e uno piccolo a Destra (FI e Lega) e solo contro piccole liste (Verdi, Cossutta, Mastella e Di Pietro) a Sinistra. Insomma, dopo quello sgrammaticato di Pera, ecco un altro "manifesto" un po’ carente e illogico.
Molti hanno protestato e non solo a Destra. Ma sbagliano, perché l’editoriale è legittimo. L’amico liberale Di Massimo, persona equilibrata e tendenzialmente bipartisan, ha scritto una lettera a Mieli in cui tra le tante cose giuste, esprime "totale dissenso per la presa di posizione". Perché? Perché pensa che "ai lettori del giornale interessino informazioni e opinioni varie e diverse, ma non "una presa di posizione, qualunque essa sia, in un Paese dove tutti tendono a schierarsi, ed i poteri neutri tendono a sparire". E giudica "linguaggio bizantino" la precisazione che malgrado ciò le notizie varranno date nel modo "quanto più possibile obiettivo e imparziale".
Ma la dichiarazione del Corriere, anche se noi italiani non vi siamo abituati, si iscrive nella corretta tradizione della stampa liberale anglosassone. Anzi, la cosa è nata nelle grandi democrazie liberali di massa – appunto per limitare il quasi ossimoro – come "cautela" per i lettori più sprovveduti o marginali o disattenti, incapaci di accorgersi che ogni giornale ha in realtà una linea politica, affinché prendano con le molle i commenti e facciano la tara alle notizie politiche di quel giornale. Insomma, non deve essere stato in origine un incitamento, ma un caveat. In questo senso, sarebbe un bene, specialmente in Italia, con lo pseudo-analfabetismo e i tanti lettori marginali che abbiamo (chi scrive libri o articoli sa bene quanti equivoci sorgono, perfino tra i lettori laureati, alla lettura anche dei propri scritti più chiari…), che tutti i giornali facessero outing del genere.
E poi c’è un’analogia con le avvertenze che i giornali inseriscono negli articoli (p.es. lo fa spesso Panorama) in caso di possibile conflitto d’interessi tra proprietà e obiettività: "guardate che la Mondadori di cui stiamo parlando è di proprietà Mediaset", oppure "il tale collaboratore è senatore di FI". Così non si ingannano con notizie tendenziose i lettori meno informati. Che in tal modo sanno già da che pulpito viene l’articolo.
Troviamo la cosa molto liberale. Ma sarebbe stato meglio fare l’endorsement tre o quattro mesi prima delle elezioni, non 30 giorni prima. Se qualche difetto ha, quindi, l’editoriale di Mieli, è che non solo è un pò contradditorio e impreciso in termini politici, ma anche un pò tardivo.

Comments:
Caro Nico, il fondo di Mieli più che un doveroso atto di lealtà è stata una necessaria dichiarazione di inizio di campagna elettorale, svolta in modo felpato dal Corriere e in modo aperto (e direi anche rozzo) nel settimanale Mgazine che il Corriere “costringe” i suoi lettori a comprare il giovedì. Avrai visto che nel Magazine (la solita mania dell’inglese !!!) è allegato un opuscolo per una raccolta di figurine, tipo quelle dei bambini, ed è un opuscolo di propaganda elettorale che avrei visto molto bene allegato all’Unità; ma forse l’Unità è più seria e non ricorre a ridicole e puerili raccolte di figurine di propaganda. Avrai anche visto che l’opuscolo è titolato “Avanti miei Prodi”.
A questo punto, avendo organizzato una campagna elettorale così smaccata è chiaro che il Mieli non poteva non mettere le mani avanti (esattamente il giorno avanti all’uscita del “Magazine”) dicendo quello che ha detto.
Se non fossi abbonato non so se in questi giorni comprerei il CdS.
 
Nella sostanza e nel caso particolare del CdS e di Mieli, Guido ha ragione. Io volevo solo dire che formalmente, per un giornale qualunque, questa dell'endors....(oops, l'inglese), eehm, volevo dire della dichiarazione di schieramento, è una prassi liberale. Che poi Mieli vi sia stato costretto, anche, dalla sua partigianeria, sono del tutto d'accordo, leggendo il CdS ogni giorno da molti anni (a parte che non mi piace più anche editorialmente: troppe foto, e mal stampate, facci caso: tutte rosseggianti..., e titoli mal fatti e roba da Tv... e troppo sport...)
 
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