19 ottobre, 2007

 

La fortuna di FI: il PD nasce scialbo, vecchio, anodino, né laico né liberale

Che fortuna ha il Centro-destra. Ha fallito quasi tutto, è andato al potere per cinque anni in cui doveva fare ogni cosa, perfino la "rivoluzione liberale". Ma non ha fatto altro se non la legge Biagi, i punti tolti sulla patente e il divieto di fumo nei bar. Magari perché la propria ala massimalista (ogni polo ha la sua croce) non ha permesso altro. A rigore, per le ferree leggi del mercato liberale, dovrebbe chiudere baracca.
Ha l’immagine appannata, non tira più. Se n’è accorto l'imprenditore Berlusconi che è più bravo del politico. Tanto che è stato tentato di ricorrere ai reggicalze della rossa sciura Brambilla, una Vanna Marchi molto più presentabile, che però come l'urlatrice tv vende il nulla. "Siamo qui in tanti: li manderemo a casa". Tanti a far che cosa? Possibile che non ci sia stato uno sui 5000 a chiederglielo?
Ma no, non c’è bisogno delle belle gambe di Michela Vittoria: il Centro-destra sarà salvato dal finto buono Veltroni e dal nuovo Partito Democratico, ancora né partito né democratico. Tutte le fortune, per il Cavaliere. "Fattore c…", dice qualcuno al bar.
Avete visto, come sta nascendo il PD, no? Pura confluenza di DS e Margherita, con gli ex-marxisti che prevalgono sugli ex Dc, che però oggi sono più integralisti. Avete notato i trucchi del plebiscito-farsa, che tra l’altro hanno portato almeno 6 miliardi di vecchie lire? Avete notato la curiosa ma eloquente assenza di liberali?
Che fine hanno fatto i bravi Debenedetti, Morando, Salvati e compagnia bella liberale e liberista? Alcuni non sono stati neanche eletti, sommersi dall’oscuro apparato, dal Potere della profonda provincia bianco-rossa. E comunque sarebbero sempre quattro gatti in un mare di delegati, roba da Parlamento in Cina. Basti dire che i liberali di sinistra Marzo e Morelli, non contrari in teoria al PD, dopo aver provato invano a inserire temi e nomi liberali e laici all’interno del nascente partito, alla fine, schifati, hanno invitato i propri aderenti e i liberali tutti a girare al largo dai gazebo del plebiscito.
E' un paradosso per chi è liberale preferire quasi quasi una Bindi a un Veltroni pronto a tutto. La Bindi, da vera cattolica è anche un pò laicista, perché la religione non è Potere, ed è più libera se c'è separazione dallo Stato. "Date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio", dice il Vangelo. Perfino Murri, fondatore della DC, e il grande credente Capitini, la pensavano così. Una Bindi, forse, sarebbe capace di dire per una volta no alla confusione tra peccato individuale e legge pubblica, tra etica e diritto, insomma alle intromissioni clericali nella vita privata dei cittadini. Ingerenze che, vergogna nella vergogna, ci sono solo in Italia, come se fossimo Terzo Mondo, Cosa Loro.
Invece, l’ateo devoto Veltroni, per pura furbizia politica, con la sua fissazione di non avere nemici né a Destra né a Sinistra, né in alto (in Paradiso) né in basso (all'Inferno), non ne sarebbe mai capace. Anche per carattere. Buonisti si nasce. E se poi non si hanno idee, lo si è ancora di più. Che farebbe come Presidente del Consiglio? Vengono i brividi.Anche il PD, insomma, si preannuncia una bufala, tutto fumo e niente sostanza, solo un bel nome che non vuol dire niente, solo un Segretario Carismatico e accattivante che in fondo piace anche a Destra, e che vorrebbe assomigliare a un Clinton di borgata. Per fare che? Nulla. Niente programmi, niente idee. Tante parole, ma impegni precisi e concreti nessuno.
Proprio come al Comune di Roma, troppo piccola cosa per un cosmopolita come lui. Una strizzatina d’occhio ai Nobel, un omaggio a Kennedy, un applauso a Gore, una citazione di Martin Luther King, un po’ di rock, molti film, molti attori, il solito Benigni, la finta Notte Bianca, il finto Festival del Cinema, la finta Casa del jazz, l’omaggio un pò necrofilo alla "salma celebre" in Campidoglio, così veloce nel caso di Alberto Sordi che la satira parlò di "sottrazione di cadavere". Tutto qua: ecco il vero Veltroni. E chi non è di Roma deve sapere ciò che lo aspetta.
Intanto nella Città Eterna le buche sulle strade restano eterne, il traffico rimane caotico , i vigili urbani "né urbani né vigili", le auto parcheggiate in seconda fila, la sporcizia, il rumore, la microcriminalità, la disorganizzazione e arroganza della amministrazione comunale. Domani le stesse cose, su più vasta scala.Perché bisogna dire sì a tutti, a tutti i potenti, e non dire mai no a nessuno. Quello che conta è il consenso. Il consenso di quelli che non sanno, che non leggono, non s’informano. Ma che si illudono di averne un vantaggio. E mai nessuna idea coraggiosa, nessuna scelta vera. Ecco il veltronismo. E' così, a sua immagine e somiglianza, che nasce il PD. E’ il trucco di tutti i partiti e i politici cartapesta: solo immagine.
La "fortuna" del Centro-destra? Ma lo abbiamo detto: doveva chiudere, c’era perfino scontento tra le proprie fila. Ma ora, miracolosamente dal cappello a cilindro del Caso, è nato un partito che è un suo clone. In meglio o in peggio? I giornalisti disillusi, anche a Sinistra, dicono che rischia di essere peggiore. Perché sul PD c'erano speranze accese. Mentre vedono una pura addizione di ex-cattocomunisti pentiti. Gli ex, i peggiori. "Buoni a nulla ma capaci di tutto" (Pannella, sull'Ulivo).
Il Centro-destra e soprattutto FI, quindi, rischia di rifulgere per contrasto grazie all’insipienza del suo finto avversario. In fondo ha tra le proprie fila ben tre-liberali-tre, sia pure sordomuti, mentre il PD nessuno o, a voler essere di manica larga, uno solo. Diceva quello: "simul stabunt, simul cadent": insieme stanno in piedi, insieme cadono. E fioccano le battute tra gli scontenti e i "terzisti": perché Veltroni non va a dirigere FI, e Berlusconi invece il PD?
Dopo il primo momento di sconcerto, vi assicuro, tutto sarebbe come prima. Per esempio, sulla libertà di ricerca scientifica, sulla laicità e indipendenza dello Stato, sulle liberalizzazioni e sul mercato, sulla meritocrazia nei Ministeri, nelle Regioni, nelle Università, le due politiche sarebbero esattamente uguali.
Insomma, il cittadino ha la sensazione che chiunque vada al Potere, l'Italia non riuscirebbe ad assomigliare ai Paesi progrediti e liberali dell'Europa occidentale e all'America, come vogliamo. E perfino la Confindustria, ora che gli fa comodo, se n'è accorta. I finti opposti si reggono, come i due poveri ciechi della favola. Si tengono per mano, e così s'impediscono a vicenda. "Non fai" tu per primo, o "non faccio" io? Come i famosi comici fratelli De Rege. Come "Totò e Peppino" a Milano. Ciechi o furbi? Il confine è incerto. Fatto sta che dopo il partito di cartapesta 1 ecco per concorrenza il partito di cartapesta 2. E la gente, i cittadini?
Che c’entra la gente? E che mi fate i Grillo, ora? Toccate il tasto dell’anti-politica? Fate forse della "demagogia", del "qualunquismo"? Non sapete che il popolo è solo il pretesto necessario per permettere ai soliti mediocri arrivisti di provincia del Sud, del Centro (e ora anche del Nord, ahimé), che non sanno fare nulla, ma in politica sono capaci di tutto, di condurre una ben pagata e prestigiosa carriera politica, con stipendi, pensioni, onori, scorte e appartamenti di lusso? Da che mondo e mondo. Sicuri? Be', almeno in questa piccola striscia di Mondo chiamata Italia.

16 ottobre, 2007

 

Il "giocattolo Italia" e il benessere. Che farebbe oggi la Destra al Governo?

"Come avrai notato, sulle mancate riforme liberali la polemica dell’opposizione di Destra verso il Governo di Sinistra è davvero insistente", prende l’avvio con understatement inglese l’amico professore dell’Università di Roma con cui sono solito affrontare in dialogo i temi economici. Stavolta, il tema è la legislazione sul "benessere".
Benessere? Noi non siamo gli americani, beati loro, che hanno la felicità nella Costituzione. La parola è osé in Italia: si trova solo nella réclame dei servizi igienici. Non per caso è pudicamente tradotta in "welfare" dai governanti provincialotti di Sinistra e Destra, gli stessi forse che di notte come secondo lavoro creano le famigerate insegne in inglese maccheronico sui negozi italiani. E dunque per pensionati umbri, borgatari romani, pescatori di Chioggia o mezzadri di Cerignola, pagare il "ticket" dovrebbe essere più leggero che pagare il biglietto.
Ma torniamo alla Destra che inveisce contro la Sinistra che non ha fatto niente. "Normalissimo", "fisiologico" per un viaggiatore disceso da Marte che ignora che fino all’anno scorso era la Destra a governare e la Sinistra a fare opposizione, sono io a provocare. Non sa il turista marziano che nella patria di Arlecchino e Pulcinella il teatrino della politica vuole che il pubblico sia smemorato, e i "rivali" in scena recitino a soggetto scambiandosi le parti. Gattopardismo bipartisan.
Sarà, però se qualcuno potesse scagliare la prima pietra - replica il prof - ad essere giustamente lapidato sarebbe l’attuale Governo, che in pieno Occidente, a diciotto anni dalla caduta del Muro di Berlino, ha il vezzo di avere al suo interno ben due partiti che millantano di essere nostalgici "comunisti" presso i propri elettori privilegiati e snob. In genere lavoratori statali, che finora hanno provato l’ebbrezza dell’eroica "alternativa al sistema" con i piedi bene al caldo: raccomandazioni, poco lavoro, nessun controllo di produttività, niente licenziamenti, pensione a 50 anni. Una pacchia: naturale che siano ultra-conservatori.
E poiché questi ridicoli avvantaggiati fuori tempo ricattano il Governo, ecco la vergognosa controriforma delle pensioni. In tutt’Europa si allunga l’età lavorativa, mentre in Italia si restringe ancora di più quella timida riforma fatta da Maroni.
Ma la Natura si vendica - è il mio turno sadico - e ora gli impiegati "de sinistra" più reazionari al mondo corrono il rischio di essere puniti, loro che non hanno mai fatto nulla in vita loro. Una nuova Thatcher? Magari. Sempre femmina è, ma è la Nèmesi. Prima ancora di epidemiologi e statistici, l’uomo della strada ha scoperto che chi va in pensione nella mezz’età ha più malattie e vive meno di chi lavora fino all’età avanzata. Ben gli sta.
Il prof vuole tornare all’economia, ai ripetuti tentativi di sabotare la legge Biagi, al famoso "tesoretto", la parte del gettito fiscale superiore alle previsioni. Qualunque massaia europea l’avrebbe destinato a ripianare i debiti, il deficit di bilancio, o almeno a spese per infrastrutture e investimenti solidi per favorire lo sviluppo economico. Macché. E non è un altro intollerabile scandalo?
Ma la domanda vera è un’altra ancora: che cosa farebbe la Destra, sì la Destra, se fosse oggi al Governo? Ce li vedete voi Storace, Fini e Bossi dire di sì a qualsivoglia taglio che non sia quello dei nastri inaugurali? Io no, e neanche l’amico professore.
Dopo aver cavalcato la sacrosanta protesta di tutte le categorie produttive del Paese contro una spremitura fiscale che non ha uguali in Europa, tenendo sopratutto conto del livello mediorientale dei servizi statali, che rotta intenderebbe veramente seguire un Governo di Destra?
Per rispondere a questa domanda, bisognerebbe prima appurare se davvero la Destra ha o no il polso del Paese, cioè sente i borborigmi della pancia degli Italiani. Noi crediamo di sì, visto il favore che benzinai, tassisti, farmacisti e professionisti, vale a dire alcune categorie che hanno protestato anche perché potrebbero essere toccate dalle riforme, hanno dirottato verso di loro.
Allora, basta con la retorica della politica e spostiamoci sulla psico-sociologia: che cos’è veramente il Paese Italia? E’ migliore o peggiore della sua classe politica? Prodi dice che non è migliore, l’amico professore sostiene che Prodi ha torto, ma solo in parte. Io invece ho le prove che è uguale o peggiore della classe che lo rappresenta.
E qui, in piena sintonia con quanto enunciato nei 13 punti del programma di Decidere.net da Daniele Capezzone, vengono fuori le fondamentali differenze fra l'Italia e il mondo anglosassone. Vogliamo fare degli esempi?
Nella simulazione, ipotizzando il tipico comportamento dell'italiano di provincia e di ceto medio, si potrebbe delineare una crudele evoluzione, dice il professore. Il "modello Italia", pur arretrato, a suo modo era geniale e funzionava. Prima dell'integrazione europea era fondato sull'equazione: poche tasse e pochi servizi. Un modello borbonico, in cui lo Stato, malgrado la promulgazione di grida manzoniane, tollerava ogni forma di illegalità e spremeva chi gli capitava a tiro. Un modello in cui il cittadino, anzi il suddito, parafrasando Cartesio, afferma: "esisto, ergo lo Stato mi deve mantenere". Magari con una retribuzione da fame. L'esatto contrario di una moderna società, in cui il Contratto fra Stato e Cittadini, implica reciprochi diritti e doveri. Anche di contenuto e livello elevati.
Ma oggi? Il vecchio, borbonico, brasiliano "giocattolo Italia" comincia a scricchiolare, dice il professore. Con il processo di integrazione europea, il problema si traduce nell'equazione perversa nota come DEDI: Doveri Europei ma Diritti Italiani!
Da questa premessa seguono vari disastri. Una pressione fiscale intollerabile e crescente per chi le tassa già le paga (e che l'attuale governo continua a perseguitare con un accanimento da socialismo svedese da anni 50, senza però fornire i servizi svedesi), un dirottamento di risorse su categorie pesanti sul piano elettorale (numerose) e quindi tagli solo su comparti come la Ricerca. Inoltre totale assenza di una vera politica di sviluppo di servizi e infrastrutture, essenziali per la crescita del prodotto interno lordo. Per finire, l'estenuente trattativa fondata sulla concertazione con le "parti sociali" che altro non sono che i rappresentanti di alcune corporazioni (sindacati confederali e grande impresa) che ormai non rappresentano più la maggioranza degli italiani.
In fin dei conti, dopo questo impresentabile governo di Sinistra, siamo sicuri che la Destra - la stessa che ha appena finito di governare - riuscirà nell'impresa di realizzare finalmente un'autentica Rivoluzione Liberale? Oppure, l’eterna italica attitudine al "particulare" e al "cinismo", secondo una vulgata di Guicciardini e Machiavelli sunteggiata per le scuole serali, però tipica d’un popolo di "lazzaroni" senza senso dello Stato, continuera' anche col nuovo Governo? Forse la seconda, direbbe Guzzanti jr.
Vi siete chiesti come mai la Spagna, dopo decenni di franchismo e di sottosviluppo, sia riuscita dopo pochi decenni a compiere degli straordinari progressi economici e, addirittura, a superare l'Italia, malgrado partisse da condizioni di palese inferiorita' rispetto allo stivale. La risposta è semplice, il cittadino spagnolo, oltreché maggiore dignità e orgoglio, ha un maggiore senso dello Stato, proprio perchè ha secoli di tradizione unitaria e di identità nazionale. Non citiamo nemmeno Paesi di antica borghesia responsabilee dignitosa come la l'Inghilterra, la Francia e la Germania.
Come se non bastasse, ecco la folle politica dell'euro forte perseguita dalla BCE per favorire Germania e Francia (e il disegno discriminatorio è rivelato anche dalla nuova attribuzione dei seggi al Parlamento Europeo), che penalizza un Paese abituato alle periodiche svalutazioni della lira a fini di export. Poi c’è la sleale concorrenza cinese, grande "Paese copiatore" che ha colpito il piccolo "Paese copiatore" che era l’Italia. Infine una tardiva presa di coscienza da parte di tutti gli schieramenti politici del problema immigrazione. Tutti questi elementi stanno lesionando il "giocattolo Italia". Potra' la Destra ovviare con un poderoso scatto di reni che faccia pulizia al proprio interno dei settori parassitari e conservatori?
Io ho i miei dubbi, perché vedo che ormai la Destra è un coacervo di interessi di potere che non ha nulla di ideale e neanche di ideologicio. Più probabile, invece, che abbia successo un grande schieramento trasversale che unisca tutte le forze liberali, liberiste e laiche del Paese, da qualunque parte provengano, mettendo insieme i Martino e i Debenedetti, i La Malfa e i Zanone, i Tabacci e i D’Amico. Quel che è certo è che il vasto e spezzettato mondo liberale è in gran fermento: negli ultimi mesi sono stati mesi in atto o annunciati ben tre processai di aggregazione liberale. Servono personalità forti, idee chiare e determinate, meglio se provenienti da persone credibili, non compromesse con le sconfitte della Sinistra e della Destra. Un suggerimento chiaro ci viene già dal programma di Capezzone. Ora staremo a vedere: tutto nella vita politica italiana sta per cambiare, e per sempre.

09 ottobre, 2007

 

Quegli italiani senza vergogna che screditano non Mastella, ma l’Italia

Non sappiamo se il sostituto procuratore De Magistris in Calabria abbia commesso errori procedurali, ma certo ha il diritto-dovere di proseguire con le sue indagini, soprattutto se toccano il Potere. E un suo trasferimento sarebbe una censura e una punizione intollerabile, degna d’uno Stato autoritario non liberale.
Purtroppo, sulla Giustizia hanno sbagliato sia la Destra sia la Sinistra.
I veri liberali, pochi, hanno giustamente protestato sia contro gli uni, sia contro gli altri. Contro il giustizialismo di Di Pietro e d’una certa Sinistra da "crucifige" (i girotondi), solo perché c’era di mezzo Berlusconi. Ma anche contro la denigrazione di tutti i magistrati mascherata da garantismo della Destra, solo perché c’era di mezzo Berlusconi.
Oggi, per fortuna, non siamo più agli anni ’70 democristiani. Chi ha stigmatizzato i privilegi e le prepotenze della Magistratura ai danni di politici e cittadini comuni, ora per onestà intellettuale deve difendere la Magistratura dai soprusi della Politica. Il ministro della Giustizia, Mastella, che vorrebbe cacciare il giovane De Magistris, non sarà peggiore di altri ma appare più spavaldo, e la cosa di questi tempi dà fastidio, appare come una provocazione. Ha mostrato comunque una grave insensibilità alla coscienza etica del Paese. Sembra quasi che si diverta ad impersonare come attore in un film la strafottenza e la prepotenza del Potere. Perciò non si meravigli se la gente ne ha fatto un capro espiatorio. E’ lui che recita il ruolo di "simpatica canaglia".
Chi ha criticato la faziosità in tv del giornalista Santoro, un tipo che non fa parlare o mette in difficoltà chi non la pensa come lui - basta dire – ha fatto notare che è una partigianeria pagata a caro prezzo dalle tasche di tutti noi, anche i contrari. Ma è così sfacciata da generare da sé gli anticorpi. Le medesime persone, però, ora devono convenire che Santoro, sia pure con le solite scorrettezze e trucchi impensabili all’estero (p.es. l’intervista a De Magistris fatta un mese prima…), ha però fatto bene a sollevare il caso. Anche se per i liberali la forma è sostanza, e quindi non è corretto che i giudici appaiano in tv a dire la loro. All’estero non si fa: pubblici accusatori e giudici devono essere e soprattutto apparire super partes.
Ma due errori opposti (Destra e Sinistra) non si elidono tra loro. Chiodo non schiaccia chiodo per l’etica liberale e la civiltà giuridica d’un Paese. Non siamo infatti nel Far West dei film degli anni ’50, in cui i due pistoleri nemici fanno la pace. No, se commettono gravi irregolarità o interferenze, sia i magistrati, sia i politici devono essere puniti.
Ora tocca nuovamente ai politici salire sul banco degli imputati. Corsi e ricorsi giudiziari. I politici che tentano di fermare o di trasferire De Magistris sono dei prepotenti e devono essere puniti. Come? Per un ministro, come Mastella, dovrebbe bastare la bocciatura degli elettori, se Rai-tv e giornali li informeranno delle sue malefatte. Ma visto che le elezioni chissà quando verranno, un politico prepotente che infrange la separazione dei poteri può essere messo sotto accusa anche in Parlamento con un dibattito. Se è un ministro, come Mastella, si potrebbe addirittura chiedere quello che gli americani chiamano inpeachment, che può portare alle sue dimissioni forzate, come accadde - secondo noi ingiustamente - per Mancuso.
In quanto poi alla squallida scenetta da cortile mediatico con le contestazioni in piena Quinta Strada di New York, durante il Columbus Day, di fronte agli italo-americani e a tutto il mondo, complice un’apposita videocamera e sicuramente YouTube, con tanto di urla e cartelli in italiano (e perché non in calabrese o in napoletano, che così avrebbe fatto più "brookkolino"?), be’, davvero abbiamo toccato il fondo della vergogna e dell’esibizionismo senza pudore.
Ma chi erano? Turisti "per caso", inviati speciali di Grillo, ricercatori fuoriusciti per la fuga dei cervelli, calabresi in esilio? Non è importante saperlo. Siamo al solito SPQT: "sempre provinciali questi terroni", in senso lato, s'intende. E’ la violenza simbolica del loro gesto all'estero che dà fastidio, il compiacimento con cui lavano i panni sporchi nel cortile affollato. Cosa che non fa nessun inglese, nessun tedesco, nessun francese, nessun americano.
E sì che ne hanno avuti di scandali anloghi questi Paesi, da Profumo in poi.
Il vecchio malcostume meridionale, sì, meridionale, non solo di sparlare dell’avversario in pubblico, ma di "sputtanarlo", cioè di distruggerne l'onorabilità in una sceneggiata teatrale che espone al ludibrio generale il malcapitato, che in quel momento non può difendersi. Un agguato, una vendetta a reti tv unificate, una sorta di uccisione simbolica e rituale, comoda da praticare perché a differenza di quella reale non ha nessuna conseguenza penale.
Non si rendono conto che simili piazzate all’estero, così come certe pretestuose denunce ai tribunali stranieri o al Parlamento europeo, perfino nel caso che siano fondate, danneggiano non tanto il Mastella, il Berlusconi, il Prodi di turno, ma soprattutto l’Italia, che sarà descritta su tv e giornali stranieri ancora una volta come un colorito, folcloristico, litigioso e corrotto Paese abitato da mafiosi tutti "pummarola, chitarra e pistola" (quest’ultima provvisoriamente simboleggiata da una telecamera), uno contro l’altro armati?
E, badate, coloro che propendono per queste piazzate indecorose per l'immagine dell'Italia, gli italici "sputtanatori", sono gli stessi che ad ogni minima contrarietà, in treno, sul bus, in interviste in strada o in Parlamento, ad un certo punto sbottano nella frase tipica: "Mi vergogno di essere italiano".
No, siamo noi italiani veri, che ci vergognamo di loro. Se lo dicessero in tv di un privato verrebbero spellati vivi: avrebbero richieste di risarcimenti di milioni di euro. Ma siccome "sputtanano" l’Italia, nessuno li persegue. Ah, come ci piacerebbe, se ne avessimo il potere, mandargli carabinieri, poliziotti e guardia di finanza alla ricerca della più piccola mancanza, da punire col carcere in modo esemplare. Quale delitto? Uno gravissimo: lesa italianità, discredito gettato su tutti gli Italiani, anche quelli seri e onesti, che sono la stragrande maggioranza. E che le contestazioni pubbliche all'estero di pochi cretini esibizionisti fanno apparire minoranza.

08 ottobre, 2007

 

«La mania di metter le mani su tutto». Einaudi contro la Politica che invade le questioni locali.

Ieri pomeriggio a Radio Radicale un lungo discorso alla Camera, d'un deputato UDC di Reggio Emilia contro un campo di sosta, un insediamento di zingari "sinti" che quella amministrazione locale vorrebbe realizzare alla periferia della città, ha attirato la mia attenzione. E più il deputato reggiano parlava, più cresceva la mia insofferenza. Come mai? Non era per la sua opposizione al progetto (per quanto possa essere ottuso ogni discorso puramente egoistico, anche se corredato di un "comunque, non nel mio cortile"). Il politico era educato e garbato, il suo eloquio calmo e ragionevole, nonostante che dissentisse fortemente dal progetto. E allora, dov'era lo scandalo, perché provavo indignazione?
Semplicemente perché la Camera dei Deputati, il ramo più importante del Parlamento, con quello che costa al cittadino in impianti e stipendi, stava perdendo tempo. Tempo prezioso. Si stava occupando, infatti, e senza apparente limitazione di tempi, d'una tipica minuta questione amministrativa, che dovrebbe essere esclusiva competenza del Comune o addirittura della Circoscrizione.
Possibile che, di questi tempi, non lo capiscano?
Questa gente della Casta politica - ho pensato - proprio non impara nulla. Si avvia da incosciente verso il baratro. Ma è proprio vero, allora, che è più ottusa della gente comune? E' vero che questi provinciali (si sa che la stragrande maggioranza dei politici italiani proviene da piccole e medie città, ma qui mi riferisco alla loro sottocultura, alla loro mentalità chiusa, alla loro ristrettezza di idee), una volta eletti, o perché già ne avevano poco, o perché hanno solo relazioni tra loro, perdono il buonsenso?
Eppure, dovranno capirlo prima o poi che la Politica deve ritirarsi nell'ambito ristretto che le è proprio. "Ristretto"? Sì, perché non è vero che "tutto è Politica". E poi bisogna cominciare a separare nettamente la Politica (compresa l'Amministrazione centrale, per esempio il funzionamento dei Ministeri) dall'amministrazione locale. Entrambe le Amministrazioni, ad ogni modo, devono occupare il minor spazio legislativo e ordinamentale possibile. In altre parole, si devono occupare di molto meno argomenti.
Questo vuole l'efficienza dei Governi, questo vuole l'autonomia e libertà dei cittadino, questo vuole l'onestà stessa del personale politico. Bisogna togliere dalla testa dei politici che essi possono o devono "occuparsi di tutto", dalla grafica della bandiera al concorso per l'acquedotto.
Il giorno in cui Parlamenti, Regioni e Comuni invertiranno l'attuale tendenza a fare qualsiasi cosa, a dire la loro da "tuttologi" senza specializzazione, a occuparsi di tutto, a dar fastidio al cittadino "per far vedere che esistono" e che si guadagnano lo stipendio, bene, quello sarà il primo giorno della vera riscossa liberale. (Nico Valerio).

Una polemica contro i "padreterni"
EINAUDI, LA CASTA E L’ITALIA DEL ’19
di Gian Antonio Stella
Corriere della Sera, 28 settembre 2007

"A Roma spadroneggia un piccolo gruppo di padreterni, i quali si sono persuasi, insieme con qualche ministro di avere la sapienza infusa nel vasto cervello". Non sono parole di Beppe Grillo, né di Guglielmo Giannini, né di quel Corrado Tedeschi che inventò il Partito della bistecca e neppure di Umberto Bossi ai tempi in cui tuonava "mai più soldi agli stronzi romani". L'atto di accusa è di Luigi Einaudi, oggi venerato come uno dei padri della Patria e una delle figure più limpide della nostra storia anche da quanti un tempo lo consideravano un avversario.

Era il primo febbraio 1919, la Grande Guerra era finita da poche settimane, Guglielmo II era fuggito nei Paesi Bassi, a Berlino erano stati appena rapiti e uccisi Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, a Parigi s'era aperta la Conferenza di pace e da noi, dove Luigi Sturzo aveva appena fondato il Partito Popolare, cominciava quel "biennio rosso" che si sarebbe concluso con una dura sconfitta delle sinistre e l'avvento del fascismo. Alla guida del governo c'era Vittorio Emanuele Orlando, agli Esteri Sidney Sonnino, al Tesoro Bonaldo Stringher, alla Giustizia Luigi Facta. Gente che Einaudi considerava, per usare un eufemismo, in larga parte inadeguata. Come dimostra appunto quanto scrisse sul Corriere in uno degli articoli oggi raccolti dalla Mondadori nei bellissimi "Meridiani" dedicati al "Giornalismo italiano ". Il futuro capo dello Stato, al fianco degli industriali "inferociti", accusava l'esecutivo: "Non mantiene le promesse, impedisce con i suoi vincoli il movimento a coloro che avrebbero voglia di agire, fa perdere quei mercati che gli industriali italiani erano riusciti a conquistare, prepara disastri al Paese, accolla sempre nuovi oneri alle industrie...". Perché? Per la mania di mettere le mani su tutto, immaginare "monopoli che non sa poi come amministrare", rivendicare compiti che poi non sa assolvere impedendo insieme che "provvedano i privati".

Per non dire di lacci e lacciuoli come gli "istituti dei consumi, grazie a cui magistrati, professori, segretari di prefettura, postelegrafici perderanno il proprio tempo ad annusar formaggi e negoziar merluzzi". O della scelta di "sovracaricare i proprietari di case di nuovi balzelli sperequati e impedir loro un parziale adattamento delle pigioni ". Basta, scriveva: "Bisogna licenziare questi padreterni orgogliosi (...) persuasi di avere il dono divino di guidare i popoli nel procacciarsi il pane quotidiano. Troppo a lungo li abbiamo sopportati. I professori ritornino ad insegnare, i consiglieri di Stato ai loro pareri, i militari ai reggimenti e, se passano i limiti d'età, si piglino il meritato riposo".

Insomma: "Ognuno ritorni al suo mestiere". E "si sciolgano commissioni, si disfino commissariati e Ministeri " così che "un po' alla volta tutta questa verminaia fastidiosa sia spazzata via. Coloro che lavorano sono stanchi di essere comandati dagli scríbacchiatori di carte d'archivio" superiori alla società governata "soltanto per orgoglio e incompetenza ". Parole durissime. Che non salvavano pressoché nulla e nessuno. Era un qualunquista, Luigi Einaudi? Un demagogo? Un populista? Un "giullare della Suburra"? Meglio andarci piano, sempre, con le etichette insultanti. Forse, se i politici "padreterni" di allora lo avessero ascoltato senza fare spallucce, tre anni dopo ci saremmo evitati la Marcia su Roma.

AGGIORNATO IL 30 OTTOBRE 2015

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