08 novembre, 2011

 

Cade in tempi di crisi il peggior Governo dell’Italia moderna. E il peggio deve venire.

Non c'è nulla da festeggiare: solo gli stolti stapperanno bottiglie di spumante  o accenderanno fuochi d’artificio. L’antipatia per un uomo che di Napoleone ha solo la statura e l’egocentrismo non basta a farci vincere la partita che ci aspetta. L’imminente caduta dell’industriale Berlusconi, che agli appoggi politici negli anni 80 deve la sua fortuna, certamente negato per la politica, eppure dal 1994 grazie al suo carisma e all’insipienza degli elettori Capo di Governo per oltre metà dei sedici anni della sua parabola politica, con risultati nulli in riforme economiche, giuridiche, istituzionali e perfino nell’ordinaria amministrazione, ci libera, è vero, da quello che può essere definito “il peggior Governo dell’Italia democratica”, durato tanto da assomigliare ad un infausto Regime. Ma, proprio mentre infuria la peggiore crisi finanziaria e di credibilità internazionale che abbia mai toccato l’Italia, apre davanti a sé un baratro. “Apres-moi le vide”, dopo di me il vuoto. Solita esagerazione: in realtà dopo di lui, tutt’al più ci potrebbe essere il voto.

Il Governo populista di Berlusconi, chiaramente creato per scopi personali e non per governare l'Italia, avrebbe dovuto dimettersi anni fa. Se solo conservatori, post-fascisti, clericali e falsi "liberali" accorsi per vanità e soprattutto utilità personale avessero avuto l'onestà di avvertire gli Italiani che in quel Governo non c'era nulla di serio o di liberale. “In Francia si presentò il caso analogo di un avventuriero come Tapie che voleva sfruttare la politica per i suoi affari, ma la classe dirigente di destra e di sinistra di quel paese lo seppe liquidare in pochi mesi”, ha scritto Critica Liberale. Gravissime, perciò, sono le responsabilità dei “liberaloidi” nostrani, in realtà ultra-conservatori o reazionari, che lo hanno appoggiato, scrive in un durissimo editoriale il periodico della Fondazione.

La Destra ha confermato ancora una volta di essere e rappresentare il peggio del Paese. Sotto il suo Governo, che doveva “modernizzare” l’Italia e rappresentarla degnamento nel consesso delle Nazioni, l’etica pubblica e la considerazione internazionale dell’Italia sono scese ai più bassi gradini della storia contemporanea, mentre il ladrocinio di Stato, la corruzione affaristica, la spudorata infrazione della Legge, l’attacco all’unità della Nazione, l’umiliazione della Costituzione, del Parlamento e del Corpo elettorale, la contrapposizione eversiva contro organi dello Stato e magistratura, la dilapidazione del patrimonio nazionale, la rovina dell’ambiente naturalistico e archeologico, il disprezzo per la cultura, il servilismo interessato verso la Chiesa e il Vaticano (in cambio di voti), sono saliti a livelli mai raggiunti in passato. Per molto meno, durante la Prima Repubblica sono stati chiesti o ipotizzati le dimissioni, la messa in stato di accusa o addirittura il delitto di alto tradimento di ministri. capi di Governo o capi di Stato.

Sembrerebbe, perciò, il momento adatto per rallegrarsi e festeggiare. E invece, no.

E invece, il brutto deve ancora venire. Perché le opposizioni a questa Destra vergognosa e corrotta sono o sembrano del tutto inadeguate a governare l’Italia in modo europeo e autenticamente liberale. E per quanto si speri in un eventuale Governo “cuscinetto” di soli tecnici, questo è sempre la negazione e la sconfitta vergognosa della politica. Però è immaginabile che i tecnici faranno in pochi mesi quello che né Berlusconi, né Prodi, né qualsiasi altro Governo del Dopoguerra, hanno fatto.

Ma il brutto deve ancora venire non solo perché Berlusconi ha diseducato ancor più gli Italiani, ha disseminato corruzione dappertutto lasciando in eredità il berlusconismo, lo sbrigativo “faccio tutto io” degli uomini incapaci e senza idee, eppure volitivi. Ma anche perché le opposizioni a questa Destra vergognosa e corrotta sono o sembrano del tutto inadeguate a governare l’Italia in modo europeo e autenticamente liberale. E per quanto si speri – ma noi non siamo tra questi – in un eventuale breve Governo “cuscinetto” di soli tecnici, questo è sempre la negazione della politica e della democrazia. Ma d’altra parte siamo in grave emergenza finanziaria e quindi alla vigilia di gravi e impopolari decisioni, e perciò un economista Capo del Governo che non abbia paura di presentarsi davanti al corpo elettorale toglierebbe le castagne dal fuoco ai politici. Nessuno, infatti, né Destra, né tantomeno Sinistra, vorrebbe governare questo momento di sacrifici drammatici con la certezza poi di essere bocciato alle prossime elezioni. Così va il Mondo, o meglio quella piccola parte di Mondo che è l’Italia.

In particolare, il Centro e la Sinistra, divisi al loro interno, dopo aver creato (DC-PSI-PCI) negli anni 70-80 il più grosso debito pubblico dell’Occidente (c’era gente che andava in pensione a 45 anni, impiegati pubblici che non lavoravano, trasandatezza, parassitismo, clientelismo, partitocrazia ecc.) e poi aver detto alla gente cose sbagliate sull’economia e il lavoro, come potranno di colpo rimangiarsi tutto e appoggiare la ricetta del prof. Ichino (sinistra liberale, molto mal tollerato nel PD) e le indicazioni “liberalizzatrici” della Banca Centrale Europea e delle interessate ai propri privilegi Germania e Francia?

Ma se guardiamo alla spicciola politica interna, alle promesse elettorali fatte per decenni, alle vecchie e nuove parole d’ordine che circolano da sempre nella base alternativa della Sinistra, quella sociologicamente più vera e spontanea, ci accorgiamo che la Sinistra non è culturalmente pronta a succedere al Governo della Destra populista. O per lo meno sarebbe terribilmente imbarazzata, qualora fosse chiamata al Governo per “sanare i guasti” causati dalla totale inazione di Berlusconi.

Per anni la Sinistra ha ripetuto, infatti, che l’attuale crisi non era iniziata dal mancato controllo, cioè dalla carenza di regole sul mercato, ma addirittura dal mercato libero stesso, cioè dalla libertà economica in sé. Libertà che invece è stata proprio la vittima dei monopoli e dei privilegi di alcuni attori finanziari collegati ai Poteri degli Stati, dei grandi investitori e delle banche. E’ proprio la concorrenza e la tutela del consumatore (che impersona la domanda, ripeteva sempre il liberale Einaudi) che sono state aggirate e violentate in questa crisi dell’Europa e dell’intero Occidente, da speculatori fuori mercato con la connivenza di molti Stati. E' di un grande liberale, Luigi Einaudi, la frase solo apparentemente paradossale che "un mercato è innanzitutto caratterizzato dai carabinieri che ne fanno rispettare le regole" (Lezioni di politica sociale, 1949).

Insomma, il mercato libero o è severamente regolato o non è libero, ma un pretesto per arraffare, imbrogliare, depredare. Il funzionamento normale e regolato del mercato è una cosa, la sua patologia criminale un’altra. Confondere tra le due cose non è più possibile in democrazia, che è sempre democrazia liberale, cioè fondata sulla libertà di tutti, non di pochi, e cioè su regole severe. Insomma, è come se un marziano caduto sulla Terra, vedendo che alcuni rubano, concludesse sconsolato che qui non ci sono regole e consigliasse ai Terrestri di eliminare il denaro.

Da una parte è vero – sfatiamo questo tabù – che il “liberismo” o liberalismo economico estremo, puramente ideologico, sregolato (il che, attenzione, è di per sé una contraddizione per il Liberalismo, che è soprattutto dottrina delle regole e dei limiti, filosofia del neu nimis, mai troppo), potrebbe risolversi in un sistema illiberale. Lo teorizzava Croce, ma lo ammetteva anche Einaudi (v. il bel libretto uscito nei giorni scorsi col Corriere della Sera: “Liberismo e Liberalismo”). Dall’altra è vero, come ripeteva il radicale Ernesto Rossi, il migliore allievo di Einaudi, che noi liberali dobbiamo non appiattirci sui produttori (l’offerta), ma lottare per una effettiva libertà economica fondata sulla eguaglianza dei punti di partenza, e soprattutto rafforzare la lotta ai monopoli e ai privilegi dei produttori che danneggiano sia gli altri produttori (concorrenza), sia – e questo è ancor più grave – i tanto più numerosi cittadini consumatori (la domanda). Ecco perché la libertà non può esistere da sola, ma è connessa alle regole e al buonsenso, cioè alla giustizia.

E dunque, se sono vere queste premesse, come potrebbe ora il Partito Democratico (una mal assortita e non ancora metabolizzata unione di ex-Pci, ex-Dc, ex-socialisti e indipendenti) fare quella politica che ha da decenni definito “di Destra”, cioè liberista, che la stessa Destra populista di Berlusconi e della Lega Nord non hanno avuto il coraggio di fare per non perdere tutti i loro voti? E d’altra parte, come potrebbe ristabilire un minimo di indirizzo di politica economica da parte dello Stato, anche nel senso di mettere a disposizione dei cittadini spazi sempre più ampi di libertà, senza contraddire le interessate ricette dell’asse franco-tedesco spacciate per “linea dell’Europa”?

Insomma, ci aspettano mesi drammatici. Altro che fuochi di artificio.


Comments:
Bellissimo, un editoriale autorevole. Complimenti. Te lo rubo in archivio.
 
Caro Valerio,

non so se l'attuale Presidente del Consiglio dei Ministri abbia espresso il "peggior governo" nella storia dell'Italia repubblicana. E' sicuro però che l'Italia sta vivendo uno dei momenti più difficili da quando è uno Stato unitario.
Purtroppo, l'infelice stagione del berlusconismo non si è ancora conclusa. Non c'è alcuna reale certezza in ordine ai tempi; infatti, il Presidente del Consiglio si è limitato ad affermare che passerà la mano dopo l'approvazione della legge di stabilità. Legge di stabilità che vorrebbe caratterizzata dai contenuti da lui stesso decisi, secondo quanto si è impegnato a fare nella lettera di intenti inviata alle Istituzioni della Unione Europea e secondo quanto i Vertici delle medesime Istituzioni della UE si aspettano da noi. E se i gruppi parlamentari di opposizione non accettassero il Diktat e — com'è nelle loro facoltà — volessero anche loro decidere nel merito dei contenuti della legge di stabilità, varrebbe ancora l'impegno del Presidente del Consiglio?
Pure Mussolini lasciò che il Gran Consiglio del fascismo lo sfiduciasse; non riesco a trovare un precedente storico di un uomo di governo che vuole restare al potere a dispetto di tutto e di tutti, infischiandosene dell'interesse nazionale.
In frangenti tanto difficili, quanti veramente amano l'Italia hanno opportunità straordinarie per dimostrarlo. Ad esempio, ho apprezzato la proposta del privato cittadino Giuliano Melani che gli Italiani comprino il debito pubblico del Paese (inserzione a pagamento nel "Corriere della Sera" del 4 novembre 2011, p. 24). Acquistare i nostri titoli del debito pubblico significa rischiare? Io sono disposto a farlo, non per trarne un possibile utile, ma per fare, nel mio piccolo, qualcosa di concreto a sostegno del mio Paese.
Palermo, 9 novembre 2011

Livio Ghersi

(PRIMA PARTE di DUE)
 
Amare l'Italia significa pure opporsi alla prospettiva che altri ci impongano le scelte di politica economica.
Ricordo a me stesso che il 25 novembre 2003 il Consiglio Europeo decise di sospendere la procedura di deficit eccessivo nei confronti della Germania e della Francia. La questione fu oggetto pure di una sentenza della Corte di Giustizia Europea (del 13 luglio 2004). Non ci possono essere regole che valgono in relazione al peso politico dei Paesi coinvolti.
Dico in maniera molto aperta che l'Unione Europea, così come si è finora realizzata, a me piace assai poco. Il Trattato di Lisbona del 2007 è nato male e sta dando pessimi frutti. Se ci si accorge che una strada è sbagliata, se ne prende atto.
Oggi quanti si occupano di politica economica si dividono fra teorici della ineluttabilità della globalizzazione, costi quello che costi, ed assertori della necessità che gli Stati recuperino sovranità ed effettivi poteri decisionali in materie di preminente interesse. Io simpatizzo con quanti vogliono porre limiti alla globalizzazione della finanza e dell'economia.
Per quanto mi riguarda, non definirei la proposta del prof. Ichino di "sinistra liberale". Quella proposta presuppone che aumenti sensibilmente la spesa pubblica per finanziare un credibile sistema di ammortizzatori sociali, in modo da garantire quanti pro-tempore sono esclusi al mercato del lavoro. Ci sono le risorse per una riforma strutturale di questo tipo? Al momento, non mi sembra. La Destra corteggia Ichino perché è interessata soltanto ad un aspetto della sua proposta: rendere più "flessibile" il lavoro non soltanto in entrata (quando inizia il rapporto), ma anche in uscita (quando si conclude). Flessibilità in uscita, senza buoni ammortizzatori sociali, significa aumentare il potere dei datori di lavoro di licenziare i propri dipendenti, senza che questi ultimi abbiano alcuna contropartita.
Consideriamo l'ipotesi alternativa che si trovino le risorse per una seria riforma degli ammortizzatori sociali; anche in questo caso, se l'onere degli ammortizzatori sociali ricadesse prevalentemente sul bilancio pubblico, la tesi di Ichino non sarebbe convincente. Potrebbe tradursi nella condizione efficacemente descritta da Ernesto Rossi: "privatizzazione dei profitti" (per gli imprenditori privati, i quali avrebbero l'opportunità di pagare un minor costo del lavoro) e "pubblicizzazione delle perdite" (per i pubblici poteri che si accollerebbero l'onere di una quota degli ammortizzatori sociali). Ossia, invece di riformare l'esistente, perpetuerebbe meccanismi che purtroppo già conosciamo.
In conclusione, caro Valerio, la cosa che condivido di più del Tuo articolo è che il liberismo «estremo, puramente ideologico, sregolato» può entrare in contraddizione con il liberalismo e risolversi in un sistema illiberale.
Palermo, 9 novembre 2011

Livio Ghersi

(SECONDA PARTE DI DUE)
 
A partire dall'inizio '94 il Presidente del Consiglio dimissionario ha ricoperto questa carica per 8 anni e 8 mesi circa, divisi in 3 legislature. Non per più di 15 anni. Il centrosinistra ha governato per più di 7 anni in 2 legislature. Se si ritiene di vivere in un mondo antipanglossiano, almeno si dividano i demeriti nell'arco costituzionale in toto, radicali compresi.
 
Caro Ghersi grazie del contributo: hai completato benissimo il mio articolo con concetti che in gran parte condivido. Ero esitante nel definire di sinistra liberale la proposta "binaria" o sincretistica del PD Ichino (liberalizzazione del mondo del lavoro, ma maggiori ammortizzatori sociali per i dipendenti). Avrei anche potuto definirla giornalisticamente lib-lab, espressione abusata e stantia, che non amo. E certo, anch'essa produrrebbe dei costi. Che però, come suggerisci, potrebbero anche essere equamente divisi tra Stato e privati.
 
L'Anonimo ha ragione sui tempi esatti della parabola berlusconiana. Il lapsus è dovuto al fatto che nella sintesi ho sovrapposto i due concetti distinti di Capo di Governo e di attività politica. Ora ho provveduto a separarli. Grazie.
 
Un'analisi lucida e limpida, come sempre. Non se ne trovano di simili sull'intera stampa.
 
Devo dire che - a parte l'immancabile puntura alla Chiesa e al Vaticano - sono largamente d'accordo con quel che scrivi.
Aggiungerei che il peso piu' grosso e' la schiavitu' nei confronti di una forma di governo debole,il parlamentarismo, che non rispetta pienamente l'architettura tradizionale delle democrazie liberali, ovvero la separazione dei poteri (con i relativi checks and balances che assicura la costituzione statunitense).
In USA anche quando il presidente in carica e' scoppiatello (Obama) ha il potere di fare la sua politica fino a scadenza di mandato. Cio' da' coraggio.
Quando - come da noi - si deve andare alla conta in parlamento su ogni cosa, i governi (destra o sinistra poco importa) vivacchiano e non hanno respiro per proporre le misure che occorrono.
Cio', in periodi di crisi profonda, si paga: lo stiamo vedendo benissimo grazie al fatto che le banche tedesche e francesi stanno cercando di farci pagare parte dei soldi che spenderanno per la Grecia (anche se noi le nostre colpe ce le abbiamo tutte e di piu'...).
Il gioco e' pericoloso, perche' se sbagliano i conti cade l'Euro e potremmo ritrovarci con una recessione stabilizzata.
Per chi mastica l'inglese c'e' un articolo interessante del premio Nobel Paul Krugman sul NYTimes di ieri, in materia.
 
Infatti, Stefano, Obama ha telefonato al presidente Napolitano oggi. E' giustamente preoccupato e voleva assicurazioni sul nuovo Capo di Governo, perchi i Buoni del Tesori italiani sono stati sottoscritti anche da banche, assicurazioni e soprattutto dai Fondi pensionistici USA.
E ormai l'euro era riuscito ad essere la seconda gamba del sistema monetario occidentale. E Obama sa quanto gli fa comodo in tempi di Crisi, e con la Cina che ormai si permette di "dare "consigli pressanti" sull'economia americana (!), una Europa solida.
D'accordo anche sulla inadeguatezza del nostro Parlamento, ormai autoreferenziale.
 
BERLUSCONI SI E' DIMESSO. Pochi minuti fa, Berlusconi ha rassegnato le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica. Si chiude nella peggior situazione possibile per il Paese un ciclo fallimentare sotto tutti i punti di vista. La folla esultante davanti al Quirinale, i fischi e gli insulti davanti a Palazzo Grazioli, esprimono un senso di liberazione quale non si vedeva da molti anni. Anche se non è finita, ed il berlusconismo deve ancora esser sconfitto, per questa sera accontentiamoci di questo primo passo, e per il momento ci basti veder sparire il sorriso irridente dalle faccie dell’ex- padrone e dei suoi servi Gasparri, La Russa, Fede, Cicchitto, e via dicendo.
Adesso, occorrerà sgomberare macerie e ricostruire, ad iniziare dalla ricostruzione di un nuovo, anche se antico, modo di concepire e governare la politica. L’eredità lasciata al Paese dal “governo del fare” è pesantissima e si dovrà anche fare chiarezza e verità sulle responsabilità di coloro che sino a questa sera ci hanno governato, senza alcuno sconto politico, morale, ed anche giudiziario.
La rinunzia di Gianni Letta alla vicepresidenza del Consiglio, mela avvelenata richiesta da Berlusconi come condizione per l’appoggio al futuro governo Monti, è una buona notizia, che appare dettata dalla lettura dei primi lanci di agenzia e dei primi commenti della stampa estera, nonchè dai primi commenti e dichiarazioni al riguardo.
Come ha detto Mieli a Ballarò, questo è il definitivo via libera al governo Monti.
Occorrerà però stare attenti; colpi di coda ed imboscate parlamentari saranno possibili e facili: ricordiamoci quale fu il comportamento tenuto da questa destra negli anni in cui essa fu all’opposizione.
Vanno intanto ringraziati tutti quegli italiani che in questo quasi-ventennio non si sono piegati o venduti; ben pochi alibi possono esser concessi a coloro che hanno concorso a determinare il disastro nel quale si trova il Paese sedendo sui banchi della ex-maggioranza, salvo magari poi pentirsene strumentalmente e tardivamente; in quanto agli Scilipoti che sono accorsi, a pagamento, a soccorrerla consentendone una sopravvivenza inutile e dannosa per il Paese, credo inutile ogni commento.
Gim Cassano, Spazio Lib-Lab
 
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