09 aprile, 2013

 

Margaret Thatcher? Non fu né grande statista, né “liberale”. Ma solo un’ultra-conservatrice.

Graffito a Belfast contro la Thatcher alla sua morte (Metro London 2013) Non mi unisco agli imbarazzanti elogi funebri di tanti, anche i più insospettati (perfino il progressista e crociano prof. Ocone, il colmo!) che definiscono la appena defunta Lady di ferro, una "liberale". Solo perché credeva soltanto nell'individuo, o meglio in se stessa.
Ma se è per questo qualsiasi dittatorello sarebbe "liberale".
No, la ex Primo Ministro fu una super-conservatrice, cioè fautrice di una politica di estrema Destra. E infatti apparteneva al Partito Conservatore (all'ala più estrema), non certo al Liberale, che la osteggiò in tutti i modi.
Dice: ma in economia era liberista estrema. Appunto, il liberismo estremo è tipico dei Conservatori. Non basta ristabilire il mercato libero a parole. Se uno Stato liberale non vigila con appositi strumenti di controllo sull’uguaglianza nei punti di partenza e sulle regole tra competitori, è chiaro che in un mercato selvaggio senza regole i gruppi privilegiati o oligopolisti avranno sempre la meglio su quelli onesti o senza privilegi. Così il mercato verrà falsato, e non sarà affatto in regime di vera libera concorrenza. Questo (far vincere sempre i più potenti e prepotenti) è il primo vizio del liberismo estremo. E così è stato durante il Governo della Thatcher.
I suoi maggiori “titoli di merito” (a leggere certe inquietanti rievocazioni), cioè l’aver non so più se licenziato o fatto licenziare 20.000 minatori, l’aver semi-distrutto i Sindacati e perfino tolto il latte mattutino gratuito ai bambini delle scuole, denota una cattiveria, una grettezza, anzi un atteggiamento punitivo e di rivalsa sociale tipici dell'estrema Destra. Tendenza confermata dall’inutile ostentazione muscolare della guerra a un altro leader che “credeva molto all’individuo”, il dittatore italo-argentino Galtieri (guerra delle Falklands-Malvinas).
Del resto, perfino un liberale di destra come Malagodi, però pur sempre un liberale, anzi, allora Presidente dell'Internazionale Liberale, la trattò malissimo, quasi con disprezzo (quanto lei era sprezzante di tutti, soprattutto degli Europei) e non la considerò mai neanche minimamente una liberale. Di un loro famoso incontro a un mesto tavolino d’aeroporto riferì – ricordo – lo stesso Malagodi, facendo con ciò notare che non aveva ritenuto possibile per la conservatrice e arrogante Signora altra sede più istituzionale. Uno scontro tra Titani dell’antipatia che si risolse con la vittoria del mastino italiano.
Non fu neanche una “grande statista”. Manifestò l’ottusità e la mancanza di ideali di una bottegaia di provincia. La cultura, la musica, la ricerca, i musei, vennero stoltamente e masochisticamente penalizzati. “A che serve la cultura?” ripeteva la Prima Casalinga. La Gran Bretagna doveva diventare solo un grande Centro Commerciale e una grande Borsa d’Affari. E poi non capì nulla dell’Europa, che per lei che non aveva mai studiato la Storia era solo un mero aggregato geografico. Ben altra pasta e genialità e intelligenza avevano mostrato i suoi predecessori Primi Ministri inglesi dell’Ottocento, lord Gladstone e lord Russell, che sapevano bene, dotati di grande cultura, di far parte di un’unica Storia, di un unico continente. La stessa Unità d’Italia fu finanziata e aiutata dall’illuminato Governo inglese: se ci fosse stata una Thatcher al potere forse noi Italiani saremmo ancora divisi.
E non fu lei, la meschina e autoritaria “casalinga” che disprezzava la cultura (ennesima prova che non poteva essere liberale, ma anti-liberale), a rimettere in sesto la Gran Bretagna. Anzi, lei ottusamente distrusse con furore iconoclasta la grande industria britannica – tra cui tutta l’industria automobilistica (p.es. le gloriose marche Morris, Austin, MG, Triumph, Jaguar, Norton) – con la scusa che aveva costi elevati, favorendo la brutale riconversione dell’economia reale in economia virtuale, in speculazione finanziaria. Ecco la “causa prima” della recente crisi dei sub-prime anglo-americani! Dopo la sua “terapia”, contro ogni finalità liberale, la ricchezza si concentrò ancor più nelle mani di monopolisti, oligopolisti e speculatori di Borsa, mentre la classe media si impoverì e i proprietari di case vedevano crollare il valore immobiliare, attirando così i ricchi arabi e russi. Come ha sintetizzato il prof. Bruno Fedi, “nessuno, negli ultimi decenni, ha fatto tanto male quanto la Thatcher e Reagan. Sono stati padre e madre del liberismo anarcoide, che ha prodotto le speculazioni finanziarie ed i disastri di oggi”.
Ma allora, tutto questo elogio tardivo, solo post mortem, di una donna autoritaria più che autorevole, che ne fa ormai un vero e proprio mito di efficienza? Può essere spiegato anche con la psico-politica. In tempi di economia e politica globali, la Thatcher fu l’ultimo primo ministro a voler e poter decidere tutto da solo. Che invidia e che nostalgia per i politici ed economisti di oggi! E poi, diciamola tutta, piace a uomini e donne, in tempi in cui decidere è difficile perché la democrazia liberale impone di tener conto dei diversi Poteri, la sbrigatività di una casalinga, abituata a comandare con poche parole sulla servitù e sovrana assoluta dentro casa. E tra i commentatori e politici maschi piace anche, perché si colora di ambigue sfumature sessuali, l’eccitante idea della virago, della donna prepotente, irosa e irrazionale a cui delegare per qualche ora i propri destini.
Altro che “liberale”, o “economista”, o “statista”. A risollevare le sorti della Gran Bretagna, ormai priva di industria manifatturiera e zeppa di titoli, prima di carta poi virtuali, di capitali-rifugio e operatori finanziari d’ogni risma, compresi speculatori e inside-traders di tutto il Mondo, manco fosse uno di quegli Stati canaglia dei paradisi fiscali, furono, invece, ancora una volta, da una parte le evoluzioni cicliche della congiuntura economica, e dall’altra la volontà e l'amor proprio degli Inglesi, che sono di pasta ben diversa dagli Italiani. Anche noi, se è per questo, avevamo avuto un Signor Thatcher, il cav. Mussolini. E si è visto come andò a finire.
IMMAGINE. Scritta apparsa sui muri di Belfast (Irlanda), città contro cui si accanì il pugno di ferro della Thatcher e dove gli abitanti hanno ancora il dente avvelenato. Altro che R.I.P. (Rest In Peace, riposi in pace), argomenta il geniale graffitaro: visto che era una Lady di ferro, allora Rust (ruggine) in Peace! Battuta perfetta. Cattiva quanto fu cattiva, politicamente, la Signora. Dal giornale gratuito di Londra “Metro”.
AGGIORNATO L’11 APRILE 2013







03 aprile, 2013

 

Basta col Destra-Sinistra e torniamo all’Europa: socialdemocratici, liberali, conservatori cattolici

Peppino Caldarola ha intervistato il grande Emanuele Macaluso nel libro "Politicamente scorretto" (editore Dino Audino) che spazia non solo sulle vicende della Sinistra e del PCI-PDS-DS-PD, ma sull’intera storia d'Italia dal 1989 a oggi.

Da spezzoni di dibattito su Radio Radicale ho capito che Macaluso rimprovera al PD di non essere socialdemocratico, cioè sanamente laburista, che è davvero un caso unico in Europa tra i partiti di Sinistra moderata. Si pensi che il PD non ha scelto di stare nel gruppo europeo laburista, tra lo sconcerto dei socialisti europei, perché per un obliquo patto interno tra ex-Dc (buoni quelli…) ed ex-Pci (migliori dei primi, ma con una coda di paglia lunga così, che li blocca) ha preferito chiamarsi genericamente “democratico”. Ma che vuol dire? Tutti i partiti devono essere democratici per Costituzione, e scimmiottare il tradizionale nome del partito americano non chiarisce nulla.

Dopo la presentazione del giornalista Massimo Franco è sùbito intervenuto il liberal (liberale di sinistra) Morando, della corrente di Bersani, maggioritaria, come a stroncare la sortita di Macaluso e a difendere l'attuale scelta-non scelta. La socialdemocrazia è roba vecchia – ha detto l’esponente liberal – noi invece siamo democratici e ci rifacciamo a Obama e agli Usa, siamo "liberal".

Sembrava di sentire le sciocchezze di Veltroni, il primo segretario a dare questa impostazione perdente al partito della Sinistra, quando scimmiottava l’America con la superficialità stereotipata del turista che prima di andare negli States si fa un’idea al cinema. Venivano in mente canzonette di Carosone ("Tu vuo' fa' l'americano") o film parodistici (l’Alberto sordi di “Un americano a Roma” che rifiuta il vino e beve il latte a tavola).

Ora a parte che la componente ex-DC (Bindi, Fioroni ecc) neanche è liberal (vedi posizioni su aborto, eutanasia, coppie di fatto, Concordato, otto per mille ecc) ma grettamente clericale, sbagliano gli amici del PD a voler fare i "liberal" eleganti e raffinati e moderatissimi, anziché i veri socialdemocratici (che oggi vuol dire socialisti-liberali).

Curioso: c'è un abisso tra liberali di sinistra e socialisti-liberali (i socialisti non liberali, neanche sono ammissibili). Perché se non ci sono i socialisti, non ci possono essere neanche i liberali e neanche i conservatori. E Dio solo sa quanto siano essenziali in Italia, dove tutti si dicono falsamente progressisti, dei conservatori dichiarati, come diceva Gobetti. Dopodiché un liberale e un socialista avranno un punto di riferimento di distinzione.

Così, se mancano i socialisti, mancheranno anche le loro controparti dialettiche, come i liberali e i conservatori. Conservatori o cattolici, ma questi ultimi in Italia – vedi proprio la Bindi – sono i più contrari a definirsi conservatori. Ma è inutile attaccarsi a un presunto originale messaggio cristiano, dato che in tutta Europa i Cristiani sono considerati e si comportano da conservatori. E se gli italiani si oppongono bisognerà ricordargli le antiche ragioni storiche, avendo la Chiesa avversato fino all’ultimo – con Encicliche! – Liberalismo, Progressismo e Socialismo.

E senza grandi partiti socialisti, liberali, conservatori, l’intera politica italiana cade (è caduta da decenni) in mano ai soliti maneggioni e profittatori del Berlusconismo affarista senza ideologie, che con la scusa della massima libertà ideologica fanno tutto e il suo contrario, con le solite giravolte a cui ci ha abituato la politica italiana, che era poco ideologica, cioè poco coerente, già ai tempi in cui esistevano ancora i partiti ideologici.

Così, i senza idee del magma confuso italiota – tanto per motivare le plebi elettorali col tifo calcistico da Milan-inter o Roma-Lazio – hanno voluto copiare la contrapposizione americana Destra-Sinistra, che solo negli Usa ha un senso, trattandosi di lotta del tutto interna tra liberali di destra (Repubblicani) e liberali di sinistra (Democratici), partiti storici disomogenei talmente variegati al loro interno da essere assolutamente analoghi tra loro, ma che in Europa non ha senso, non ha alcun valore politologico. Basti vedere le risposte all’economia con paradossi come il destro Tremonti, socialista e statalista, che si contrapponeva al sinistro Bersani che tentava le prime, sia pur timide, liberalizzazioni, mentre i famigerati Berluskones – ricordate? – non riuscivano nemmeno a liberalizzare i taxi e, anzi, sposavano tutte le più reazionarie pretese delle lobbies corporative (notai, avvocati, farmacisti).

Ha ragione Macaluso. La Sinistra moderata in Italia non vince non perché è ancora comunista, come dicono gli ottusi della Destra che parlano solo per fare propaganda continua, ma perché non lo è neanche un po', e neanche socialdemocratica. Così, questa mancanza di ideologia e di forza programmatica, dà spazio a tutte le velleità stupide e perdenti dell'ultra-sinistra (che in certe cose, ovviamente, diventa ultra-destra).

Insomma, il PD imiti le socialdemocrazie europee, cacci in malo modo i cattolici conservatori che lo hanno infiltrato, la smetta di pensare sempre alle aziende e ai produttori come la Confindustria e cominci a difendere i cittadini consumatori, e come d'incanto tutto il panorama cambierà.

Per parallelismo dialettico nasceranno analoghe formazioni cattolico-conservatrici (a destra) e liberali-laiche (al centro). E tutto si normalizzerà. E anche la politica italiana sarà compatibile con l’Europa.

Con tali formazioni si sarebbe determinata necessariamente una dialettica critica e severa, e non ci sarebbe stato bisogno del voto di protesta dei Grillini, semplicemente perché non ci sarebbero stati né sprechi né privilegi di Casta. Un grosso partito liberale, laico e radicale al Centro, infatti, avrebbe denunciato subito sprechi, privilegi di Casta, inefficienze, clericalismi ecc.

Ma se invece nella indistinta Destra ci sono affaristi, fascisti, deputati comprati, donnine e Leghisti, se i cattolici conservatori si infiltrano ovunque (non rifiutati da nessuno), se nessun partito è davvero liberale o socialista, è il caos, l'immobilità, la confusione. Com'è che i commentatori non lo capiscono? Solo in Italia una sedicente Destra si oppone a una finta Sinistra. Entrambe berlusconiane nell’individualismo dei leader senza idee. Troveremo mai un Battista, un Galli della Loggia, un Panebianco, un Franco o un Polito, capaci di scrivere la verità che nessuno in Italia vuol dire? Ma che razza di commentatori abbiamo, che non vedono che da noi, solo da noi, il re è nudo?

Perciò, è interesse di noi liberali veri, in apparenza paradossalmente, che ci si sia anche in Italia (lasciamo stare gli Stati Uniti alla loro storia diversissima e unica) una forte e decisa socialdemocrazia laburista (e anche un serio partito conservatore). Se no, niente dialettica, niente democrazia, e niente riforme.


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